L’eco dell’abbaio
di cani legati a corde
a guardia di poderi
a guardia d’intrusioni
sembrano di notte
il lamento di prigionia
come se quell’ululo d’eco
fosse il grido di sofferenza.
L’eco dell’abbaio
si propaga in alternanza
mentre tra loro prigionieri
è come se si creasse un dialogo
fatto di risposte incomprese
da noi umani così poco umani
quando non capiamo proprio
la sofferenza della prigonia.
Vorrei vedere se legato un uomo
con una corda spessa
non ci fosse la rassegnazione
in una così malasorte
di non poter essere liberi
d’esprimere ognuno un diritto
dentro ogni specie il suo essere
e un cane è proprio schiavo
d’un uomo altrettanto schiavo
d’un potere di…uguaglianza…
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